L'ordine illegittimo va eseguito
Cassazione. Il dipendente a sua difesa può richiedere l' intervento del giudice del lavoro anche
in forma urgente
L' ordine illegittimo va eseguito
I giudici estendono alla pubblica amministrazione le regole del settore privato
Il dipendente pubblico non può rifiutarsi, di
regola, di eseguire un ordine di servizio
i l l e g i t t i m o i n v o c a n d o u n a e c c e z i o n e d i
inadempimento del datore di lavoro. Con la
sentenza 9736/2018 depositata ieri, la Corte di
cassazione si esprime in modo netto sull'
estensione alla pubblica amministrazione del
principio che la giurisprudenza ha elaborato
con riferimento ai rapporti di lavoro privato.
Quindi, anche, per i dipendenti pubblici vige il
limite per cui, a fronte di ordini di servizio o
direttive che possono determinare pregiudizio
ai diritti del lavoratore, quali l' assegnazione di
mansioni dequalificanti, la facoltà di rifiutare l'
adempimento della prestazione richiesta si
p r o d u c e u n i c a m e n t e n e l c a s o i n c u i l '
inadempimento del datore di lavoro sia totale.
In ogni altro caso, così come per i rapporti di
lavoro privato, i pubblici dipendenti che
ricevano disposizioni di servizio foriere di
arrecare pregiudizio alla loro professionalità o
ad altro diritto riconnesso al contratto di lavoro
sono comunque tenuti ad adempiere all' ordine
ricevuto. Aggiunge la Cassazione che resta
salvo il diritto per i lavoratori del pubblico
impiego, non diversamente da quanto avviene
per quelli del settore privato, di richiedere l' intervento del giudice del lavoro, anche in via d' urgenza,
affinché venga rilevato il carattere illecito delle direttive datoriali e disposta la rimozione dei loro effetti.
Il caso esaminato dalla Suprema corte è relativo al licenziamento del comandante di un corpo di polizia
municipale, nei cui confronti sono state promosse alcune azioni disciplinari, l' ultima delle quali sfociata
nel provvedimento espulsivo, in quanto sono stati disattesi gli ordini di servizio impartiti dal segretario
comunale. Il comandante ha impugnato il licenziamento sul presupposto, tra l' altro, che gli ordini di
servizio avevano connotazione illegittima e che, pertanto, ad essi non doveva essere data esecuzione.
La Corte d' appello di Roma ha accolto la tesi della dipendente comunale, concludendo che la mancata
osservanza delle disposizioni di servizio adottate dal segretario comunale eccedendo il proprio campo
di competenze non costituisse inadempimento sanzionabile.
La Corte di cassazione rigetta questa lettura e afferma che anche i dipendenti pubblici in
applicazione
dell' articolo 2, comma 2, del Testo unico del pubblico impiego, a norma del quale ai rapporti di lavoro
dei dipendenti della Pa si applicano (salve espresse eccezioni) le leggi sui rapporti di lavoro privato devono
conformarsi alle disposizioni di servizio illegittime, senza poter invocare il principio della
eccezione di inadempimento al di fuori dei casi più estremi in cui risulti richiesto di porre in essere fatti
costituenti reato, ovvero azioni contrarie ai doveri di diligenza e fedeltà nei confronti della pubblica
amministrazione.
Inoltre la lavoratrice aveva dedotto l' invalidità del licenziamento per essere stato comminato nel periodo
di interdizione conseguente a matrimonio. La Corte d' appello ha accolto anche questa prospettazione,
dichiarando la nullità del licenziamento sul presupposto che esso è intervenuto dopo le pubblicazioni e
prima del decorso di un anno dopo le nozze.
La Corte di cassazione riforma la sentenza anche sotto questo profilo, osservando che la presunzione di
riconducibilità del licenziamento a "causa di matrimonio" non opera se a fondamento del provvedimento
espulsivo sia posta una contestazione degli addebiti avviata prima del periodo di interdizione.
In altri termini, se il procedimento disciplinare è iniziato prima della richiesta delle pubblicazioni di
matrimonio, la circostanza che il licenziamento sia stato intimato durante il periodo di interdizione non
esprime effetti sulla validità della iniziativa espulsiva, in quanto è da escludere che la volontà del datore
possa essere ricondotta a una condizione (il matrimonio della dipendente) che ancora non era
conosciuta.
Giuseppe Bulgarini d' Elci
20 aprile 2018
Pagina 22 Il Sole 24 Ore
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