Storia di una Gabanelli e di tanti radagi che non potranno mai volare
La Gabanelli ha scatenato l'eroe pugnace (ma anche lo scrivano) che si nasconde in ognuno di noi.
Soliti cahiers de doléances, soliti slanci emotivi, solita ansia da letterina di protesta, solita necessità di prendersela con il "cattivo" di turno.
Che si chiami Bossi, Vigneri, Bassanini, Bocchino, Uggetti, (senza dimenticare la buonanima di Buonanno, che spese parole molto accalorate per noi) Renzi o Gabanelli cambia poco.
Nessuno si chiede realmente perché capitano tutte a noi. E' solo una questione di preconcetta avversione da parte di tutti gli altri attori istituzionali, costantemente coalizzati contro di noi?
E perché mai i "cattivi" ce l'avrebbero proprio con i segretari?
Siamo semplicemente un sgorbio istituzionale irrisolto, che pencola pericolosamente tra Stato centrale e periferia, senza un ruolo definito e riconosciuto. E per questo nessuno intende prendere le nostre difese mentre tutti, ma proprio tutti (dai giornalisti, ai politici, ai giudici, alle alt(r)e burocrazie) per i motivi più svariati, sono pronti a darci addosso.
E a proposito della vicenda Gabanelli/Corriere della Sera/TGLa7, stamattina non si è fatta attendere la nota di risposta del Presidente di ANAC, il quale si è ovviamente smarcato dalla vicenda, abbandonandosi al lapalissiano. "Per evitare equivoci - scrive Cantone, non senza lanciarsi in una sviolinata nei riguardi della "bravissima giornalista" - è necessario fare alcune precisazioni... scrivere che gli RPC sono i responsabili ANAC non è in linea con la realtà e con quanto prevede la legge. L'Autorità nazionale anticorruzione, infatti, non ha alcun potere nella nomina né alcun ruolo rispetto al loro operato".
Sì, effettivamente, una situazione imbarazzante ma non tanto per lui o per ANAC, ma per noi che serviamo tanti padroni senza stare a cuore a nessuno.
L'Unione, il sindacato che ha da sempre avuto il monopolio della rappresentanza della categoria, ha ritenuto che questa collocazione sbilenca, irrazionale, strabica fosse un nostro punto di forza o comunque l'ha accettata senza mai contestarla realmente. Salvo, quando siamo arrivati alle strette, acconsentire alla soluzione per noi più infelice: ossia la "municipalizzazione" di fatto, prefigurata dalla riforma Madia. Rapporto di servizio con uno e rapporto di lavoro con altri è la vera condanna che ci portiamo addosso, pressoché unici nel panorama del pubblico impiego italico.
E poi il rapporto preferenziale (esclusivo) con ANCI, che non è un'istituzione dello Stato (anche se talora così viene rappresentato), è stata una scelta strategica sbagliata.
Il galleggiamento tra Stato ed autonomie ha consentito di vincere qualche battaglia (scaramuccia) in tempi di vacche grasse ma ora (da molti anni) che la crisi si è fatta devastante ed aggredisce anche le istituzioni (specie quelle dei rami più bassi dell'ordinamento), siamo rimasti da soli, sempre meno, sempre più vecchi, sempre più fragili e sempre più accerchiati. Gli errori di strategia si pagano e la colpa non è del virus di turno che ci aggredisce ma della nostra salute estremamente cagionevole a causa di decenni di condotte di vita sconsiderate.
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