IL FORUM DEI SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI
SPAZIO APERTO ALLA RIFLESSIONE SUI TEMI PROFESSIONALI E NON SOLO
 
 
Ecce: ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae. 
Cavete autem ab hominibus; tradent enim vos in conciliis… MATTHAEUM, 10,16-17.

IN RAGIONE DELLA ESTREMA IMPORTANZA DELLA QUESTIONE, SEGNALIAMO QUI IL LINK AL SITO ANPCI DA CUI SI PUO’ SCARICARE IL TESTO DELLA PROPOSTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI GESTIONI ASSOCIATE OBBLIGATORIE: LINK AL SITO ANPCI 

Passo gran parte del mio tempo, non a difendere la Legge, come vorrebbe la vulgata corrente, che mi qualifica enfaticamente “sentinella della legittimità”, ma piuttosto a difendere me (e quelli che a me si affidano) dalle angherie di una legge sempre più incomprensibile ed ottusa… Ossia vivo una realtà che è l’opposto rispetto a quella che ipocritamente si rappresenta.


"Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo, ma piuttosto di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare"
(M. Foucault)
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  Regionalismo differenziato

Regionalismo differenziato | Autonomia Regioni | Il Regionalismo differenziato è un pericolo per l?Italia intera: finirebbe per far ritirare lo Stato da settori strategici per il sistema economico nazionale con gravi conseguenze sulla competitività di tutto il Paese. 1.La differenziazione dei poteri regionali nella modifica costituzionale del 2001. In questi mesi si sta sviluppando un acceso dibattito sul regionalismo differenziato cioè in merito all?attuazione dell?art. 116, III comma, Cost., il quale prevede che le regioni possano ottenere «forme e condizioni particolari di autonomia» in una serie di materie, tra cui quelle che rappresentano il cuore dello stato sociale, come sanità e istruzione. Si tratta di una disposizione che non era contenuta nel testo originario della Costituzione del 1948 ma che è stata inserita in Costituzione nel 2001, senza neppure un adeguato dibattito[1], nell?ambito della maldestra riscrittura del Titolo V, che ci ha consegnato un assetto dei poteri locali che è diventato un vero e proprio «caos»[2], cui solo una saggia ed opportuna giurisprudenza della Corte costituzionale ha messo, in qualche modo, argine. La politica, sia di centro-destra che di centro-sinistra, ha più volte cercato di correggere il titolo V del 2001: oltre a varie proposte governative e parlamentari, due sono stati i disegni di legge che sono confluiti in due proposte approvate dal parlamento che avevano l?obiettivo di revisionare complessivamente la Costituzione. Come è noto, entrambe le proposte sono state bocciate dagli elettori nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016, sebbene proprio il tema della revisione del Titolo V, affrontato in entrambe, rappresentasse l?aspetto su cui si registrava il più diffuso consenso. Il tema della modifica del Titolo V dovrebbe, pertanto, continuare a rappresentare una priorità per il paese, tante sono le irrazionalità, le incongruenze, le oscurità del testo, che si sommano a una impostazione generale che collide in più punti con l?impianto della Costituzione repubblicana; tuttavia, la nuova maggioranza ha eliminato la questione dall?agenda politica. Così, nel corso degli ultimi tempi, si sono moltiplicate le iniziative volte a dare attuazione alla menzionata clausola di differenziazione, che ha rappresentato uno dei punti più controversi e problematici dell?intera novella del 2001, tanto che essa era stata del tutto cancellata dai due citati disegni di legge costituzionale. A dire il vero, il processo di attuazione dell?art. 116, III comma, Cost., è cominciato sul finire della scorsa legislatura, dopo lo svolgimento di due referendum consultivi che si sono tenuti in Lombardia e in Veneto provocatoriamente il 22 ottobre 2017, cioè nel 151° anniversario della votazione popolare sull?unità d?Italia, per sottolineare, come notava il presidente della regione Veneto in un comunicato dell?aprile 2017, che questo referendum doveva rappresentare «una risposta corale dei veneti al plebiscito del 1866». Il 28 febbraio 2018, cioè a soli 4 giorni dalla data fissata per le elezioni politiche, il governo Gentiloni stipulò ben tre accordi preliminari con le due citate regioni, cui si aggiunse anche l?Emilia Romagna. Accordi che sono stati stigmatizzati da Gianfranco Viesti, in virtù dei criteri previsti per il finanziamento delle nuove funzioni, come la «secessione dei ricchi», formula ripresa anche da costituzionalisti come Massimo Villone[3] per mettere in rilievo i pericoli di una simile proposta dal punto dell?unità della Repubblica. Già da queste prime osservazioni si comprende che ci troviamo in presenza di un vero e proprio paradosso: una proposta di attuazione di una disposizione costituzionale in contrasto con la Costituzione stessa. Come ciò sia potuto accedere è spiegabile con la circostanza che l?art. 116, comma III, Cost., è una disposizione ambigua, frutto di un testo, quello della modifica del Titolo V del 2001, che enfatizza oltre il ragionevole le differenze, per cui mal si concilia con l?impianto della Costituzione del 1948, in cui l?unità e l?autonomia rappresentano due facce della stessa medaglia e si rafforzano reciprocamente[4]. L?art. 116, III comma, Cost. è probabilmente la disposizione più lontana dall?impianto originario della Costituzione proprio perché introduce un processo disgregativo, che può sfociare in una disarticolazione dell?ordinamento, finendo paradossalmente per svuotare di senso lo stesso principio di autonomia, che si lega indissolubilmente ai valori sostanziali (eguaglianza, libertà, partecipazione democratica) affermati dal costituente[5]. Adesso che le indicazioni dell?art. 116, III comma, Cost., si stanno traducendo in progetti concreti, le contraddizioni di questo disegno disgregatore con lo spirito e i principi della Costituzione repubblicana stanno finalmente emergendo.

 
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