La disfatta del Pd Finisce l' era Renzi: ipotesi
dimissioni
In frantumi I
Democratici sotto quota 20 per cento, male l' intera coalizione La lista
Bonino rischia di restare fuori dalle Camere. Lorenzin & C. inesistenti
Colpito, inebetito, sconfitto. Senza una
strategia definita. Matteo Renzi oggi potrebbe
dimettersi.
Nella notte, segue lo spoglio al Nazareno. Con
lui Martina, Orfini, Bonifazi, Lotti, Richetti. Una
proiezione dopo l' altra, il Pd affonda sempre
di più: secondo le ultime disponibili prima di
andare in stampa si ferma al 19%. Sotto l'
asticella tutta
psicologica del
20%. I dati che
arrivano dai territori descrivono una débâcle
oltre le previsioni: al Nord e al Sud, i collegi
uninominali sono praticamente tutti persi. Nella
sala stampa del partito non parla nessuno per
ore. Renzi valuta che fare, il Giglio Magico è
diviso sulla scelta. Oggi ci sarà l' analisi del
voto. Anche gli altri big del Pd aspettano: né
Franceschini, né Delrio, né Orlando prendono
posizione.
Per ora. Il processo finale al segretario è nell'
aria da mesi. Ma a questo punto la sconfitta è
tanto enorme, quanto collettiva. Alcuni big
escono perdenti dalle sfide dirette. Gentiloni
segue lo spoglio a Palazzo Chigi: con questi
numeri per lui un bis è fuori discussione.
Una decisione da prendere sul futuro governo
ci sarà.
Il segretario arriva al Nazareno qualche minuto
prima della chiusura delle urne. Una decisione
dell' ultimo minuto. Prova a dettare la linea:
nessun governo con i 5 Stelle. Ettore Rosato lo dice un momento dopo le 23: "Se i dati degli exit poll
sono confermati, siamo pronti ad andare all' opposizione". Più la nottata va avanti, meno la posizione
sembra granitica. "Mi pare di capire che non ci sarà un partito o una coalizione con la maggioranza
relativa e sarà opportuno valutare dopo che il presidente Mattarella avrà dato l' incarico se per il bene
del Paese ha senso dare l' appoggio esterno", commenta Francesco Boccia. Michele Emiliano questa
strada l' ha tracciata qualche giorno fa. I Cinque Stelle i voti al Pd li chiederanno. E almeno una parte
del partito valuterà. Renzi è totalmente contrario a questa opzione, ma potrebbe non essere lui a
decidere.
L' asticella del segretario per rimanere politicamente in vita era il 20%. "Se perdo, non mi dimetto", ha
ripetuto più volte nell' ultima settimana di campagna elettorale.
Affermazione che potrebbe venire smentita con un risultato inferiore. I gruppi parlamentari sulla
carta sono
tutti di fedelissimi.
Ma può succedere qualsiasi cosa: anche l' ennesima spaccatura dei Dem, con Renzi che se ne tiene
una parte. "Catastrofe", la parola che rimbalza nel partito per tutta la giornata. Anche LeU va male, dato
che rallegra (relativamente) il segretario: la scissione, non ha portato bene neanche a chi l' ha fatta. Ma
il problema è che Pd ed ex Pd insieme non arrivano al 25,4% di Bersani nel 2013.
La rappresentanza del Pd in Parlamento rischia di essere davvero esigua. Fallito l' obiettivo (minimo)
che Renzi si era dato: "Abbiamo vinto le elezioni se il Pd sarà il primo gruppo parlamentare". Emma
Bonino, stando alle ultime proiezioni, si ferma sotto al 3%: se così fosse, il Pd potrà incorporare i seggi
di +Europa (ma comunque, non basteranno). Renzi guarda quasi con speranza a un governo M5SLega.
Un modo per metterli alla prova. Ma dalla base ai vertici, il partito è in rivolta: è una sconfitta
storica e porta il suo nome. Dimezzato il 40% delle Europee e voti
che il segretario aveva pensato
fossero suoi il
40% dei Sì al referendum.
Wanda Marra
5 marzo 2018
Pagina 4 Il Fatto Quotidiano