nuovo attacco contro i piccoli comuni
L' Anpci esprime preoccupazione per la presentazione della proposta di legge Capone Fusioni in mano alle regioni Biglio: nuovo attacco contro i piccoli comuni. Ora basta Fusioni in mano alle regioni. Saranno i g o v e r n a t o r i a p i a n i f i c a r e o g n i a n n o i l programma degli accorpamenti da realizzare «anche», e quindi non esclusivamente, «sulla base delle proposte provenienti da istituzioni e comitati espressione del territorio» (il che implicitamente lascia intendere che se ne possa prescindere). I l p r o g r a m m a s a r à t r a s m e s s o a g l i e n t i interessati per il parere che però non sembra essere vincolante, con la conseguenza che le regioni potranno tirare dritto anche in caso di diniego da parte dei consigli comunali. Approvato il programma annuale delle fusioni, saranno le giunte regionali ad assumere l' iniziativa legislativa in materia. E ai comuni cosa rimarrà? I contributi regionali e l' impegno da parte dello Stato a erogare «per 15 anni dalla fusione» (? ) contributi straordinari in legge di bilancio. Una promessa di difficile, se non impossibile, realizzazione, perché dovrà fare i conti ogni anno con le croniche ristrettezze dei conti pubblici. Dopo Calderoli nel 2011, Monti nel 2012, Delrio nel 2014, Lodolini nel 2015, arriva un altro attacco contro i piccoli comuni. A sferrarlo è il deputato Pd Salvatore Capone che ha presentato l' 11 febbraio scorso una proposta di legge per incentivare le fusioni introducendo modifiche ad hoc nel Testo unico sugli enti locali. L' Anpci, diciamolo subito, non ci sta. E le ragioni sono presto dette. Per motivare il favor verso le fusioni, il deputato leccese cita uno studio (teorico) del ministero dell' interno secondo cui il rapporto ottimale costiservizi per abitante si otterrebbe nei comuni di circa 15 mila abitanti. Lo studio del Viminale però non tiene conto che la spesa pro capite è calcolata solo in base alla popolazione e non considera anche la superficie territoriale gestita dai piccoli comuni sino a 5 mila abitanti (163.600 kmq il 54,16% dell' intero territorio nazionale) che è più del doppio di quella gestita dai comuni fra 5 mila e 20 mila abitanti (85.796 kmq). «Maggior territorio significa maggiori strade da manutenere, più frazioni da servire con acquedotti, fognature, illuminazione, collegamenti e, visto che il 60% dei nostri piccoli comuni è montano, più neve da togliere. Tutti costi maggiori rispetto a un comune sopra i 5 mila abitanti con popolazione concentrata in poco territorio», osserva la presidente dell' Anpci Franca Biglio. «Per risparmiare realmente», prosegue Biglio, «non resta ai fautori delle unioni e delle fusioni che la deportazione dei cittadini dei piccoli centri in unico centro ,obbligando la nostra gente a lasciare le loro case in campagna dove vivono da millenni per portarli ad ingrossare le anonime periferie senz' anima dei centri più abitati». Chiaro il riferimento alla norma della proposta di legge Capone che prevede che i nuovi comuni, istituiti a seguito di fusione, abbiano almeno 10 mila abitanti. «Ci appelliamo al parlamento», ha concluso Biglio, «perché fermi sul nascere questo insensato progetto nettamente in contrasto con il disegno di legge a favore dei piccoli comuni approvato all' unanimità alla camera dei deputati e quindi anche dagli stessi promotori di questa nuova sconsiderata proposta di legge. È ora di dire basta a questi giochi d' azzardo sulla pelle dei piccoli comuni». © Riproduzione riservata. PAGINA A CURA DI GIACOMO ANTONELLI 24 febbraio 2017 Pagina 47 Italia Oggi
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