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Ecce: ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae. 
Cavete autem ab hominibus; tradent enim vos in conciliis… MATTHAEUM, 10,16-17.

IN RAGIONE DELLA ESTREMA IMPORTANZA DELLA QUESTIONE, SEGNALIAMO QUI IL LINK AL SITO ANPCI DA CUI SI PUO’ SCARICARE IL TESTO DELLA PROPOSTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI GESTIONI ASSOCIATE OBBLIGATORIE: LINK AL SITO ANPCI 

Passo gran parte del mio tempo, non a difendere la Legge, come vorrebbe la vulgata corrente, che mi qualifica enfaticamente “sentinella della legittimità”, ma piuttosto a difendere me (e quelli che a me si affidano) dalle angherie di una legge sempre più incomprensibile ed ottusa… Ossia vivo una realtà che è l’opposto rispetto a quella che ipocritamente si rappresenta.


"Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo, ma piuttosto di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare"
(M. Foucault)
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Discussione libera proposta da: il 12/12/2017 alle ore 10:29
Il fallimento del jobs act

Lavoro, ‘oltre 500mila gli interinali e il 33% dei contratti è di un giorno. Giù del 10% tasso di occupazione dei 15-34enni’

di | 12 dicembre 2017

I dati del primo rapporto annuale congiunto di ministero, Istat, Inps, Inail e Anpal. Gli sgravi alle assunzioni stabili non sono bastati per riportare i lavoratori stabili al livello pre crisi. E continuano a crescere quelli che fino al 2003 si chiamavano interinali: le "missioni" affidate dalle agenzie durano in media 12 giorni e nel 58% dei casi meno di sei.

Sempre più occupati a termine, tanto che nel secondo trimestre si è toccato il massimo storico di 2,7 milioni. E oltre 500mila lavoratori “somministrati“, che lavorano nel 95% dei casi con contratti brevi. O brevissimi. Il dato medio è di 12 giorni, ma il 58% viene chiamato in servizio per meno di sei giorni e il 33,4% (era il 30,5% nel 2012) addirittura per una sola giornata. E’ il quadro di un mercato del lavoro sempre più precario, a dispetto del Jobs Act, quello che emerge dal primo rapporto annuale sull’occupazione in Italia: a prepararlo sono stati, insieme, il ministero guidato da Giuliano Poletti, l’Istat, l’Inps, l’Inail e l’Anpal. Con l’obiettivo di “rispondere alla crescente domanda di una lettura integrata” dei dati sull’occupazione, visto che le diffusioni mensili e trimestrali da parte di fonti diverse tendono ad aumentare la confusione invece che far chiarezza. 

La premessa spiega che le diverse analisi “convergono nel descrivere un quadro di miglioramento”, in cui “fattori di fondo – demografici e sociali dal lato dell’offerta di lavoro, di selezione interna e risposte ai mutamenti tecnologici e della globalizzazione dal lato delle imprese – e fattori di più breve periodo (espansione ciclica mondiale e politiche economiche) concorrono a una ripresa economica caratterizzata da una elevata intensità occupazionale”. I numeri però dipingono un quadro in chiaroscuro: il numero degli occupati “si avvicina ai livelli del 2008“, poco meno di 23 milioni, ma “in termini di ore lavorate il divario è ancora rilevante”: quasi il 6% in meno. Conseguenza diretta del calo dell’attività produttiva e dell’incremento dei posti a tempo parziale.

E il tanto rivendicato “effetto Jobs Act“? Nel 2015 e 2016 gli sgravi contributivi per le assunzioni stabili – che peraltro non sono parte della riforma del lavoro, l’hanno solo accompagnata – hanno fatto “crescere significativamente” l’occupazione a tempo indeterminato, ma non tanto da riportarla al massimo storico fatto segnare prima della crisi. Come emerso da tempo, poi, la ripresa occupazionale ha beneficiato soprattutto i lavoratori senior: il tasso di occupazione dei 15-34enni risulta tuttora del 10,4% più basso rispetto al livello del 2008, a fronte di un aumento di 16 punti per i 55-64enni e di 1,5 punti per i 65-69enni. “Negli ultimi due anni, tuttavia”, si legge nel documento, “la condizione dei giovani mostra segnali di miglioramento: dopo otto anni di calo, il tasso di occupazione dei 15-34enni torna a crescere nel 2015 e
soprattutto nel 2016 (+0,1 e +0,7 punti), in particolare per 25-29enni”.

 

Nel frattempo però sono progressivamente aumentati i rapporti di lavoro in somministrazione, gli ex interinali. Assunti dalle Agenzie per il lavoro, che li inviano “in missione” nelle aziende che richiedono i loro servizi. I loro contratti, mettono nero su bianco ministero, Inps e Istat, sono sempre più brevi. “L’incidenza dei contratti di breve durata sul complesso risulta in crescita”, si legge, “dal 56% del 2012 al 58% del 2016. La loro durata media prevista è progressivamente diminuita passando da 13,8 giorni nel 2012 a 11,7 giorni nel 2016. Più dettagliatamente, se nel 2012 le attivazioni con durata prevista inferiore ai 6 giorni erano pari al 55,2% del totale delle attivazioni brevi, nel 2016 passano al 58,5%“.

Una crescita “quasi totalmente imputabile alle attivazioni che prevedono una sola giornata, la cui incidenza cresce di quasi 3 punti percentuali dal 30,5% al 33,4%”. Al contempo, “si comprime sensibilmente la quota di attivazioni di breve durata che superano le 31 giornate previste: dal 16,2% al 12,7%”. Si noti che non si tratta (più) solo di giovani alle prime armi: se gli under 25 e i 35-44enni sono i più numerosi, “nel corso del quinquennio è cresciuta l’incidenza relativa degli individui con più di 45 anni” ed è “più che raddoppiato il numero di lavoratori over 55 interessati da contratti di somministrazione di breve durata”.

 

Tra 2012 e 2016, nota infine il Rapporto, i lavoratori con rapporti di breve durata sono saliti da 3 a 4 milioni. In forte crescita soprattutto i voucher, poi aboliti lo scorso anno, i rapporti di lavoro a termine, i rapporti di somministrazione e i professionisti autonomi o parasubordinati. Il valore economico dei lavori brevi, misurato sulla base delle retribuzioni e dei redditi imponibili, è salito dai 9,7 miliardi nel 2012 ai 12 miliardi nel 2016.



(03/02/2018 11:36)

tempi cupi sempre più cupi

la generazione degli attuali 70 enni ha avuto la macchina,la casa in proprietà ,talvolta la seconda casa

 

le nuove generazioni nella stragrande parte ,fino a 30 -35 anni stanno con i genitori taluni dei quali dipendono dalla pensione dei nonni causa licenziamento o altro ,poche prospettive

poi si pongono il problema che il mercato delle case è fermo e che le stesse case si sono deprezzate in dieci anni dal 20 al 40 per cento

 

se non girano soldi ,se non c'è lavoro ,la conseguenza è zero prospettive e tante chiacchiere dei vari aprtiti

jobs act e braccialetti elettronici (03/02/2018 10:59)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/02/02/amazon-il-giuslavorista-jobs-act-ha-spianato-la-strada-al-bracciale-elettronico-ormai-lunica-tutela-e-il-codice-privacy/4133077/

i dati di dicembre confermano fallimento jobs act (02/02/2018 11:34)

Il Flop del Jobs Act

Il lavoro è solo precario: il boom è dei senzafiducia

Drastico calo delle assunzioni stabili nel primo anno senza incentivi. A dicembre 66 mila

occupati in meno: neanche gli stagionali a Natale risollevano le statistiche

Era iniziato male ed è finito peggio: il 2017 per

il lavoro è stato un anno nero. Aumentano solo

i precari e gli sfiduciati: i primi sono quelli che

hanno un posto di lavoro dipendente ma a

termine, i secondi sono i disoccupati che

hanno smesso di cercare un impiego perché

pensano che non riusciranno a trovarlo.

Calano invece quelli con un posto stabile e

crollano le persone che mettono su un' attività

autonoma.

I dati Istat di dicembre 2017, che segnano

addirittura un numero di occupati inferiore a

q u e l l o d i n o v e m b r e , c i c a t a p u l t a n o

definitivamente in una realtà dominata dai

contratti a scadenza: sono stati ben 300 mila in

più rispetto a dodici mesi prima. Nel primo

anno senza incentivi, invece, le assunzioni

stabili sono uscite di scena, con un calo su

base sia mensile sia annuale.

L' ultimo mese dell' anno appena trascorso è

stato molto negativo per il mercato del lavoro.

A dicembre, come detto, abbiamo avuto 66

mila occupati in meno rispetto a novembre.

Nemmeno i lavoretti stagionali natalizi hanno

risollevato le statistiche. Ricordiamo infatti che

basta un' ora settimanale in servizio per

e s s e r e d e f i n i t o o c c u p a t o . I l t a s s o d i

o c c u p a z i o n e h a r i s e n t i t o d e l l a c a t t i v a

performance e si è fermato al 58%, ancora

lontano dal massimo raggiunto prima della crisi, ovvero il 58,9% di aprile 2008. Contemporaneamente è

sceso anche il tasso di disoccupazione, cioè la percentuale che include non tutte le persone senza

impiego, ma solo quelle che fanno ricerca attiva di un lavoro: chi invia il curriculum alle aziende o si è

iscritto alle liste di disoccupazione, per esempio. Il dato di dicembre 2017 indica il 10,8%, ovvero 2,791

milioni (a novembre erano 47 mila in più). Ma non c' è da festeggiare, perché la discesa della

disoccupazione è bilanciata dalla salita del tasso di inattività: a non cercare più lavoro, perché

scoraggiati, sono 13,44 milioni di persone, con un aumento di 112 mila unità tra novembre e dicembre.

Ecco perché sono calati sia gli occupati sia i disoccupati: una fetta di questi ultimi ha smesso di cercare

un posto, passando così nell' insieme degli inattivi.

Le statistiche non buone di dicembre pesano anche sul risultato complessivo annuale.

Tra dicembre 2016 e dicembre 2017, gli occupati sono aumentati solo di 173 mila unità.

Si tratta di una somma algebrica: 365 mila in più tra gli over 50 spesso

trattenuti dalla legge Fornero

e 204 mila in meno nella fascia tra 35 e 49 anni.

Discorso simile sulla qualità del lavoro: i dipendenti precari sono aumentati di 303 mila; i lavoratori

stabili e gli autonomi sono calati rispettivamente di 25 mila e 105 mila. La discesa degli indipendenti è in

parte spiegata con il fatto che molti di loro hanno trovato un lavoro dipendente. È anche vero che, dopo

l' approvazione dello statuto dei lavoratori autonomi (a maggio), ci si aspettava una maggiore spinta a

"mettersi in proprio": così non è stato. Tra poco più di un mese, il Jobs Act con

il nuovo contratto a

tutele crescenti senza articolo 18 spegnerà

tre candeline. Da quando è stata approvata quella riforma

(marzo 2015), abbiamo 714 mila occupati in più. Anche qui bisogna scomodare l' algebra: quel numero

contiene 187 mila autonomi in meno e 901 mila dipendenti in più. Tra questi ultimi, però, ben 516 mila

sono precari (il 57,3%) e solo 385 mila a tempo indeterminato, nonostante due anni di incentivi alle

assunzioni stabili. Le ultime tabelle Istat costringono Matteo Renzi e il Partito democratico a volare più

basso. Finora hanno sempre sostenuto di aver creato un milione di posti di lavoro, riportando fantasiose

percentuali di contratti stabili. A prescindere dalla qualità dei nuovi impieghi, i dati Istat di ieri mostrano

come dall' insediamento del governo Renzi (febbraio 2014) l' aumento si ferma a 903 mila occupati, con

ben 593 mila precari.

Roberto Rotunno

1 febbraio 2018

Pagina 12 Il Fatto Quotidiano

 

(12/12/2017 10:55)

e pensare che nella categoria i supporter sfegatati di quella politica governativa ,malgrado l'abolizione imminente,non mancavano