La finta semplificazione dei fondi decentrati
La finta semplificazione dei fondi decentrati
Uno degli obiettivi che il Dlgs 75/2017 ha
imposto alla contrattazione nazionale è quello
di semplificare le procedure di quantificazione
e costituzione del fondo del salario accessorio.
Quanto previsto dall' articolo 40, comma 4ter,
del Dlgs 165/2001 è stato accolto con grande
favore da tutti gli operatori che ormai da quasi
vent' anni sono alle prese con calcoli ed
esposizioni di voci e valori non proprio
immediati. Basti pensare alla tabella 15 del
conto annuale che per essere compilata
necessita di almeno dieci pagine di istruzioni.
Per gli addetti ai lavori la soluzione sarebbe
p e r a l t r o n a t u r a l e o v v e r o c o l l e g a r e l a
quantificazione delle somme a disposizione
della contrattazione integrativa decentrata ad
un banale calcolo: una percentuale sul monte
salari di un determinato anno. La soluzione di
Aran e sindacati Eppure, dall' ipotesi di
contratto del comparto delle funzioni centrali,
ci accorgiamo che questo sogno non verrà
realizzato. La soluzione che Aran e sindacati
hanno escogitato per raggiungere l' obiettivo
della semplificazione sa di deja vu. Nel
documento, infatti, viene previsto che a
decorrere dall' anno 2018, nel Fondo risorse
decentrate confluiscono, in un unico importo
c o n s o l i d a t o , t u t t e l e r i s o r s e a v e n t i
caratteristiche di certezza, stabilità e continuità negli importi determinati per l' anno 2017, come
certificati dagli organi di controllo interno di cui all' articolo 40bis,
comma 1 del Dlgs 165/2001. La
memoria corre subito al contratto collettivo dell' anno 2004, dove la scelta di suddividere il fondo tra
risorse stabili e risorse variabile era già stata effettuata, senza andando peraltro a rendere più facile la
strada della quantificazione di queste risorse. Se anche per gli enti locali, quindi, l' obiettivo della
Riforma Madia si ribaltasse in un semplice «consolidiamo le risorse stabili in un' unica voce», si
rischierebbe comunque di inciampare in soluzioni operative che necessitano almeno di due
considerazioni. Analisi delle voci Sotto un primo punto di vista, bisognerà chiedersi quali voci rientrano
tra le risorse aventi caratteristica di «certezza, stabilità e continuità». Non vi è dubbio che tutto ciò che
gli enti locali già facevano transitare dal fondo del salario accessorio come parte stabile del fondo
confluirà in questo aggregato, ma quel termine "continuità" potrebbe voler dire qualcosa in più? Viene in
mente, infatti, che l' articolo 23, comma 3, del Dlgs 75/2017 ha dato la possibilità alle amministrazioni di
aumentare il fondo, sempre nel rispetto dei limiti di cui al comma 2, per nuovi servizi o riorganizzazione
di quelli esistenti, ma anche al loro mantenimento. La vicinanza di significato tra continuitàmantenimento
sembra quasi servita su un piatto d' argento. Sarà davvero così? Speriamo, a questo
punto, che il Contratto nazionale spieghi un po' meglio, magari voce per voce come ha fatto quello del
2004, quali incrementi confluiranno in queste risorse di certezza e stabilità. Le criticità di un' unica voce
consolidata Secondo aspetto. Che senso ha far confluire tutte le voci del fondo di parte stabile in un'
unica voce consolidata se poi, quando un ente viene ispezionato dalla Ragioneria Generale dello Stato
o quando l' organo di revisione o la Corte dei conti chiedono chiarimenti, bisogna fornire una precisa
descrizione di quali risorse vi sono finite dentro? Si tratta veramente dell' auspicata semplificazione?
Costituire il fondo con dieci righe valorizzate o con un solo aggregato, ma di cui bisognerà rendere
conto nel dettaglio, non appare una soluzione definitiva. Se le cose stanno così, si è persa l' ennesima
occasione per mettere seriamente mano a regole ormai davvero troppo complicate e ancorate a
meccanismi del passato. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
GIANLUCA BERTAGNA
17 gennaio 2018 Quotidiano Enti Locali e
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