Bonino superstar nei salotti Ma nelle urne è
inesistente
Dal successo del '99 alle Europee l' esponente radicale cerca invano il bis. Eppure è
sempre candidata a tutto
Ci sono dei treni che passano, nella vita,
senza che tu riesca a metterci piede. Troppo
presto, troppo tardi: niente, non ce la fai. Poco
importa che ti sia fatta trovare apparentemente
pronta, lo pensi, ma non è così: il treno passa
e tu resti a piedi. A terra. Qualcosa non va,
qualcosa in te non funziona. Lo sai e non puoi
farci niente, forse solo mentire. Anche a te
stessa.
Marco, il nostro Marco, conosceva a fondo
Emma Bonino e non è un caso se di una lunga
s t o r i a f a t t a d i l o t t a e d i c u o r e o g g i
malinconicamente non resti che l' eco di inutili
querelle. Forse proprio l' impronta di quell'
indefinito qualcosa che mancava (e manca
ancora).
Emma Bonino, ancora una volta, è la più
amata nei salotti, valvola di sfogo degli
indecisi nei quartieri «bene», speranza dei
ricchi delusi. Sondaggi ad hoc la giudicano
seconda in popolarità soltanto al premier
Gentiloni (44 a 41, gli altri son staccati). Matteo
Renzi addirittura pensa di potersi appoggiare
al successo della sua lista +Europa per
mascherare l' insuccesso del Pd, quel tuffo in
picchiata sotto il 20 per cento da giustificare in
quanto «Emma, per fortuna, ha preso il 3, il 4,
il 5...».
Eppure Emmabonino sembra ancora una volta
il marchio delle occasioni sprecate, dell' eterno ritorno di un uguale dal retrogusto amaro. Emma è la
sempiterna candidata al Quirinale fin da quando, sul finire dei Novanta, un gruppo di matti capeggiato
da Giovannino Negri cercò di spingerla là dove donna non s' era mai potuta azzardare. E poi ancora nel
febbraio 2013, quando il suo nome cominciò a serpeggiare e mediaticamente spiccare il volo. Invece
no: la maledizione del marchio Emmabonino continuò a rappresentare qualcosa d' impalpabile ed
evanescente. Come nel giugno '99, quando la Bonino riuscì a disperdere nel nulla uno strabiliante 8,5%
(quarto partito) riscosso alle Europee in virtù del lavoro fatto come Commissario Ue insediato dal
governo Berlusconi nel '94. Così che nelle Politiche di due anni dopo la sua Lista, oltracotante e
gettonatissima sui media, già era precipitata nel recinto dell' irrilevanza, un mezzo milione di voti pari
allo striminzito due virgola. Il treno filava via ancora, lasciandola alle battaglie sempre più velleitarie,
mentre un atteggiamento da prima della classe finiva per alienarle simpatie dentro e fuori il Pr. L'
esperienza Rosa nel pugno del 2006 dimostrò a sufficienza che Emma non era leader e non poteva
certo trainare, come Pannella, il patrimonio d' idee radicali. Una differenza gigantesca e palpabile, come
tra un dipinto autentico e la riproduzione di maniera. Scolastica e senz' anima.
L' ambizione mai sedata la portò capolista nel Piemonte nelle liste del Pd nel 2008, e nel '10 battuta alle
Regionali del Lazio dalla Polverini (si disse per un complotto ordito dallo stesso Pd). L' indomabile
attivismo di quella che Pertini chiamava monello di Montecitorio la porterà ancora a cercare di far
parlare di sé, alle stucchevoli polemiche con Marco, al ministero degli Esteri con Letta jr (grazie ai buoni
uffici di Napolitano). Renzi premier invece la silurò subito, umiliandone la competenza con la nomina
della Mogherini. Le ultime sceneggiate per le firme di una lista nata farlocca non hanno certo aiutato a
cementare il rapporto con il Capo Pd, fatto di continui strappi e (reciproci) smadonnamenti.
Eppure Emma si ritrova, persino con Tabacci, e nonostante i consigli di Amato e dello stesso Letta jr, ad
avere in pugno nientemeno che il destino di Renzi. Basta che, come la rana delle barzellette, a furia di
gonfiarla non scoppi ancora.
1 febbraio 2018
Pagina 4 Il Giornale