I manager al governo di un Paese? Un "colpo di
stato" concettuale
Il filosofo canadese demolisce in 50 mosse la "governance" della democrazia: lo Stato
assomiglia a un' impresa, e la politica si sottrae alla discussione pubblica
Un J' accuse contro l' ultima pietra miliare
dell'«ideologia manageriale».
Il filosofo e docente di Scienze politiche all'
Università di Montréal Alain Deneault è uno
che all' analisi critica dei pensieri attuali
a f f i a n c a u n o s p i c c a t o i n t e r e s s e p e r l e
tematiche di attualità (come nel suo testo
dedicato ai paradisi fiscali). Già autore dell'
interessante La mediocrazia (Neri Pozza) un
inno contro il conformismo e la mediocrità al
potere se
la prende con uno dei concetti più
noti circolanti nel dibattito della nostra epoca.
Una categoria decisamente postmoderna,
figlia della globalizzazione neoliberista: quella
di governance . Che si propone di decostruire
in questo libro sotto i colpi di 50 «premesse»
( a l c u n e b e n a r g o m e n t a t e e p o s t e
efficacemente; altre assai meno, oppure poco
condivisibili).
D eneault ne ricostruisce la genealogia
dettagliatamente, a partire dalla parola
francese gouvernance , adottata dagli inglesi
nel XV secolo alla stregua di un sinonimo di
« g o v e r n o » , e q u i n d i r i a f f i o r a t a a f i n e
Novecento nel lessico manageriale e del
b u s i n e s s . A r i e s u m a r l a c i p e n s ò , n e l l a
seconda metà degli anni Settanta, il padre
della New institutional economics (e premio
Nobel 2009) Oliver Williamson con la finalità di inquadrare il funzionamento delle organizzazioni
aziendali. E, praticamente in contemporanea, venne adottata dai consig li di amministrazione di alcune
multinazionali (Ibm, Kodak, Honeywell) per fronteggiare presso consumatori e azionisti la crisi di
credibilità derivante da talune (sciagurate) scelte aziendali e dalle speculazioni finanziarie incoraggiate
dal «liberi tutti» delle politiche di deregulation, con riferimento alle quali neppure i licenziamenti dei ceo
apparvero sufficienti a ristabilire un clima di fiducia nei mercati. Il sistema delle grandi imprese
statunitensi innalzò così il nuovo vessillo della corporate governance , una «metodologia» di sana
g e s t i o n e d e i c a p i t a l i e d e i f o n d i c h e g l i i n v e s t i t o r i a f f i d a n o a l l e a z i e n d e , a t t r a v e r s o l a
proceduralizzazione di una serie di norme, regole e codici di tipo etico e morale.
Ve nne in tal modo sancito il principio dell' autogoverno e dell' autoregolamentazione dell' impresa, che
il thatcherismo e la rivoluzione neoconservatrice, all' inizio degli anni Ottanta, hanno trasferito alla vita
pubblica, con un rovesciamento di scenario per il quale, come scrive Deneault, si giunge «a vedere
nella politica l' analogo della governance d' impresa», tramutandola in un' attività gestionale e di
problem solving.
L' effetto più rilevante, dal punto di vista della stessa teoria politica, coincide con la mutazione e
il
«cambiamento di pelle» dello
Stato, che aveva già assistito, nel frattempo, al sorgere del paradigma
dell' aziendalizzazione del settore pubblico (sulla scorta della sociologia organizzativa di Michel
Crozier). La governance si converte poi nell' espressione di quella costellazione postmoderna del
potere, composta da istituzioni transnazionali (coi relativi trasferimenti di sovranità) e informali (come i
think tank), che porta l' Unione europea a pubblicare nel 2001 un Libro bianco in materia. Dall' État
providence lo
Stato sociale nell' accezione francofona si
passa al modello della good governance , al
cui interno, come sottolinea l' autore, regna una certa indeterminatezza buona per molti usi.
Deneault individua così nella governance il pilastro ideologico di fondazione in seno al discorso
pubblico della legittimità della tecnocrazia, che sta sicuramente contribuendo alla morte della politica, a
sua volta largamente responsabile di quella mediocrità dilagata e fattasi misura del potere di cui si
occupa anche in questo volume. Il filosofo canadese fotografa con esattezza vari fenomeni ascrivibili
alla centralità di questo nuovo paradigma, dall' impulso verso la privatizzazione quale tendenza
strutturale del «diritto postmoderno» alla competitività fiscale tra gli Stati (con il pullulare di paradisi
offshore sul suolo dello stesso Vecchio continente). E si tratta di altrettante picconate alla coesione
sociale, alla (già sgretolata) fiducia dei cittadinielettori
verso il mondo politico e alla stessa idea di
democrazia liberalrappresentativa.
E, tuttavia, il libro di Deneault è pervaso anche da alcuni eccessi deterministici e da una propensione
per la visione di un processo pianificato di manipolazione dell' opinione pubblica che sconfina in una
certa atmosfera di «complottismo», quello esemplificato dall' etichetta di «colpo di stato concettuale»
affibbiata alla governance dal politologo Denis SaintMartin.
E la precisione di analisi mal si combina
con la semplificazione di certi passaggi troppo «a tesi».
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MASSIMILIANO PANARARI
12 maggio 2018
Pagina 7 La Stampa