IL FORUM DEI SEGRETARI COMUNALI E PROVINCIALI
SPAZIO APERTO ALLA RIFLESSIONE SUI TEMI PROFESSIONALI E NON SOLO
 
 
Ecce: ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae. 
Cavete autem ab hominibus; tradent enim vos in conciliis… MATTHAEUM, 10,16-17.

IN RAGIONE DELLA ESTREMA IMPORTANZA DELLA QUESTIONE, SEGNALIAMO QUI IL LINK AL SITO ANPCI DA CUI SI PUO’ SCARICARE IL TESTO DELLA PROPOSTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI GESTIONI ASSOCIATE OBBLIGATORIE: LINK AL SITO ANPCI 

Passo gran parte del mio tempo, non a difendere la Legge, come vorrebbe la vulgata corrente, che mi qualifica enfaticamente “sentinella della legittimità”, ma piuttosto a difendere me (e quelli che a me si affidano) dalle angherie di una legge sempre più incomprensibile ed ottusa… Ossia vivo una realtà che è l’opposto rispetto a quella che ipocritamente si rappresenta.


"Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo, ma piuttosto di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare"
(M. Foucault)
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Discussione libera proposta da: il 30/01/2019 alle ore 13:33
Regionalismo differenziato
Regionalismo differenziato | Autonomia Regioni | Il Regionalismo differenziato è un pericolo per l?Italia intera: finirebbe per far ritirare lo Stato da settori strategici per il sistema economico nazionale con gravi conseguenze sulla competitività di tutto il Paese. 1.La differenziazione dei poteri regionali nella modifica costituzionale del 2001. In questi mesi si sta sviluppando un acceso dibattito sul regionalismo differenziato cioè in merito all?attuazione dell?art. 116, III comma, Cost., il quale prevede che le regioni possano ottenere «forme e condizioni particolari di autonomia» in una serie di materie, tra cui quelle che rappresentano il cuore dello stato sociale, come sanità e istruzione. Si tratta di una disposizione che non era contenuta nel testo originario della Costituzione del 1948 ma che è stata inserita in Costituzione nel 2001, senza neppure un adeguato dibattito[1], nell?ambito della maldestra riscrittura del Titolo V, che ci ha consegnato un assetto dei poteri locali che è diventato un vero e proprio «caos»[2], cui solo una saggia ed opportuna giurisprudenza della Corte costituzionale ha messo, in qualche modo, argine. La politica, sia di centro-destra che di centro-sinistra, ha più volte cercato di correggere il titolo V del 2001: oltre a varie proposte governative e parlamentari, due sono stati i disegni di legge che sono confluiti in due proposte approvate dal parlamento che avevano l?obiettivo di revisionare complessivamente la Costituzione. Come è noto, entrambe le proposte sono state bocciate dagli elettori nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016, sebbene proprio il tema della revisione del Titolo V, affrontato in entrambe, rappresentasse l?aspetto su cui si registrava il più diffuso consenso. Il tema della modifica del Titolo V dovrebbe, pertanto, continuare a rappresentare una priorità per il paese, tante sono le irrazionalità, le incongruenze, le oscurità del testo, che si sommano a una impostazione generale che collide in più punti con l?impianto della Costituzione repubblicana; tuttavia, la nuova maggioranza ha eliminato la questione dall?agenda politica. Così, nel corso degli ultimi tempi, si sono moltiplicate le iniziative volte a dare attuazione alla menzionata clausola di differenziazione, che ha rappresentato uno dei punti più controversi e problematici dell?intera novella del 2001, tanto che essa era stata del tutto cancellata dai due citati disegni di legge costituzionale. A dire il vero, il processo di attuazione dell?art. 116, III comma, Cost., è cominciato sul finire della scorsa legislatura, dopo lo svolgimento di due referendum consultivi che si sono tenuti in Lombardia e in Veneto provocatoriamente il 22 ottobre 2017, cioè nel 151° anniversario della votazione popolare sull?unità d?Italia, per sottolineare, come notava il presidente della regione Veneto in un comunicato dell?aprile 2017, che questo referendum doveva rappresentare «una risposta corale dei veneti al plebiscito del 1866». Il 28 febbraio 2018, cioè a soli 4 giorni dalla data fissata per le elezioni politiche, il governo Gentiloni stipulò ben tre accordi preliminari con le due citate regioni, cui si aggiunse anche l?Emilia Romagna. Accordi che sono stati stigmatizzati da Gianfranco Viesti, in virtù dei criteri previsti per il finanziamento delle nuove funzioni, come la «secessione dei ricchi», formula ripresa anche da costituzionalisti come Massimo Villone[3] per mettere in rilievo i pericoli di una simile proposta dal punto dell?unità della Repubblica. Già da queste prime osservazioni si comprende che ci troviamo in presenza di un vero e proprio paradosso: una proposta di attuazione di una disposizione costituzionale in contrasto con la Costituzione stessa. Come ciò sia potuto accedere è spiegabile con la circostanza che l?art. 116, comma III, Cost., è una disposizione ambigua, frutto di un testo, quello della modifica del Titolo V del 2001, che enfatizza oltre il ragionevole le differenze, per cui mal si concilia con l?impianto della Costituzione del 1948, in cui l?unità e l?autonomia rappresentano due facce della stessa medaglia e si rafforzano reciprocamente[4]. L?art. 116, III comma, Cost. è probabilmente la disposizione più lontana dall?impianto originario della Costituzione proprio perché introduce un processo disgregativo, che può sfociare in una disarticolazione dell?ordinamento, finendo paradossalmente per svuotare di senso lo stesso principio di autonomia, che si lega indissolubilmente ai valori sostanziali (eguaglianza, libertà, partecipazione democratica) affermati dal costituente[5]. Adesso che le indicazioni dell?art. 116, III comma, Cost., si stanno traducendo in progetti concreti, le contraddizioni di questo disegno disgregatore con lo spirito e i principi della Costituzione repubblicana stanno finalmente emergendo.

Zero al Sud (16/05/2019 09:36)
Zero al Sud La storia incredibile (e vera) dell`attuazione perversa del federalismo fiscale ?11,90 ?14,00 aggiungi al carrello aggiungi alla whishlist Zero al Sud Collana: Problemi aperti 2018, pp 212 Rubbettino Editore, Società e scienze sociali, Problemi e processi sociali Prefazione di Gianfranco Viesti Per quindici decenni si è discusso della Questione Meridionale. Ma con il federalismo fiscale il quadro è cambiato. Lo Stato ha misurato, Comune per Comune, fabbisogni, costi e servizi con l?obiettivo di attribuire a ciascun territorio le risorse corrette. I conteggi hanno dato un risultato inatteso: si pensava di far emergere la cattiva spesa del Sud e ci si è trovati davanti al dettaglio del profondo divario tra le Due Italie. L?uguaglianza ha un costo miliardario e così si è imboccata la scorciatoia di piegare le regole in modo da attribuire al Sud meno diritti e meno soldi. Lo Stato invece di costruire gli asili nido o i binari dove mancano ha stabilito che, nei territori di tipo ?B?, il fabbisogno è zero. Ha dimezzato la perequazione dove la Costituzione garantiva che fosse ?integrale?. Si è aperta la strada al federalismo differenziato, con maggiori autonomie, risorse e diritti nelle Regioni ricche. Il saggio offre gli elementi per aprire, finalmente, il dibattito pubblico
vl (10/05/2019 09:11)
stanno scoprendo l`acqua calda.Chi ha studiato( all`università diritto costituzionale,diritto enti locali ,diritto amministrativo ricorderà bene cosa dicevano i manuali storici ....ossia che trasferire funzioni ,poteri e spesa a regioni ed enti locali favorisce il clientelismo locale in quanto c`è più vicinanza tra amministratore ed elettore.,tra amministratore e fornitore. mancano i contrappesi come controlli e simili.Anzi si risponde con il dirigente sempre più fiduciario... aumenteranno indagini,arresti e via dicendo
Il volto inquietante delle regioni.... (10/05/2019 09:03)
L?indagine per abuso di ufficio che ha raggiunto il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è soltanto una delle nuove tessere che compongono il puzzle complesso delle inchieste che hanno riguardato negli ultimi anni i governatori. Basti questo: soltanto negli ultimi mesi è arrivato a tre il numero dei presidenti coinvolti in inchieste: oltre a Attilio Fontana, figurano infatti nel mirino della magistratura anche la presidente dell?Umbria Catiuscia Marini e il suo omologo della Calabria Mario Oliverio. Entrando nel novero delle accuse, quella che riguarda il governatore della Lombardia Attilio Fontana attiene il reato di abuso di ufficio nella maxi inchiesta della Dda di Milano per la nomina del suo ?socio di studio? Luca Marsico per un incarico in Regione Lombardia. Passando all?Umbria, Catiuscia Marini, che si è dimessa dal suo incarico il 16 aprile scorso, è accusata di concorso per abuso d?ufficio, rivelazione di segreti d?ufficio e falsità per le tracce della prova scritta e pratica che ? secondo la procura perugina ? sarebbero state fornite in anticipo a una candidata nel concorso per assistenti amministrativi riservato alle cosiddette categorie protette. C?è da dire che la presidente ha da subito rivendicato la correttezza del proprio comportamento, spiegando di essersi dimessa per ?ragioni di opportunità politica? e nulla più. La bufera giudiziaria che ha investito, tra gli altri, il governatore della Calabria Mario Oliverio, riguarderebbe invece la partecipazione a un?associazione per delinquere finalizzata a ?commettere una serie di delitti contro la Pubblica amministrazione?. Sempre Oliverio sarebbe inoltre il referente politico-istituzionale dei partecipanti a questa associazione, nonché degli amministratori pubblici e degli imprenditori in relazione a procedure di gare pubbliche bandire dalla Regione. Tra gli interessati da indagini della magistratura figurano, pochi mesi fa, anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (finanziamento illecito), il governatore della Toscana Nicola Rossi, che nel novembre 2013 è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Massa con l?accusa di falso ideologico (per il quale poi nel novembre 2016 la stessa Procura della Repubblica di Massa ha chiesto l?archiviazione), il governatore dell?Emilia Romagna Stefano Bonaccini, indagato per peculato nel settembre 2014 nell?ambito dell?inchiesta sul capitolo ?spese pazze? dei consiglieri regionali (situazione poi archiviata a febbraio 2015). Ma non è tutto. Nel recente passato gli scranni dei governatori di regioni sono stati interessati più volte da inchieste della magistratura, come ad esempio, Roberto Formigoni (Lombardia), coinvolto in un caso di corruzione aggravata per la vicenda della Fondazione Maugeri, condannato in via definitiva poche settimane fa e ora in carcere a San Vittore. Ma le inchieste hanno riguardato anche la Regione Piemonte, guidata da Roberto Cota, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e quello della Calabria, Giuseppe Scopelliti (che ha dovuto lasciare il suo posto di presidente della Regione Calabria). La vicenda delle ?spese pazze? e il caso Fiorito portarono indirettamente alle dimissioni della presidente della Regione Lazio Renata Polverini. A quanto pare, insomma, è cambiato ben poco rispetto al passato.
(09/05/2019 13:04)
Se la lega si allea con B. è la fine di tutto, oltre che del sud.......abbiamo già dato.....per molti anni......
esse (09/05/2019 12:48)
i cinque stelle stanno andando a compromesso su tutto perchè dopo le elezioni europee si troveranno con metà dei voti e con una eventuale elezione nazionale perderebbero almeno il 50 per cento dei parlamentari.Cercheranno di tirare a campare e offriranno a salvini ponti d`oro pur di non vederlo nelle braccia di berlusconi e meloni. ovvero come sprecare un ampio consenso sbagliando su tutti i fronti dirigenza apicale compresa.
Nel merito sviluppi interessanti... (09/05/2019 12:43)
Autonomia, l` offerta Cinquestelle: road map a partire dai diritti di base LA TRATTATIVA Marco Esposito Incassato lo stop a Siri, i Cinquestelle sono disposti a far r i p r e n d e r e l a m a r c i a a l c o n v o g l i o d e l l ` autonomia differenziata. Ma stavolta, per evitare un deragliamento, offrono alla Lega un percorso che veda definiti sia i tempi, sia soprattutto gli obiettivi. Matteo Salvini, a poche settimane dalla prova elettorale, non può accontentarsi di un altro annuncio e quindi sarebbe orientato ad accettare il compromesso. Lo stallo, o l` eterno braccio di ferro, non gli conviene. Il leader del Carroccio sa bene che c` è irritazione tra i governatori Luca Zaia e Attilio Fontana. E avverte che nel partito c` è chi gli lavora ai fianchi. È Roberto Maroni, ex ministro dell` Interno (del quale si ricorda in questi giorni il successo del modello Caserta) ed ex governatore della Lombardia. «Con il referendum sull` autonomia del 22 ottobre 2017 - ripete ai suoi Maroni - ho dato forza al progetto e il 28 febbraio 2018 con un governo non esattamente amico ho firmato un accordo c h e p r e v e d e v a t r e c o s e : c e s s i o n e d i c o m p e t e n z e , u n c h i a r o p e r c o r s o p e r assegnare più risorse e l` inemendabilità dell` accordo in Parlamento. Da lì si deve partire». Sottinteso: i passi indietro sarebbero responsabilità di Salvini, il cui progetto di Lega nazionale non è mai piaciuto all` ideatore dello slogan «Prima il Nord». Solo che, rispetto al 28 febbraio 2018 - quando l` intesa di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna con il governo Gentiloni fu sottoscritta nel più assoluto silenzio - ormai di autonomia differenziata si discute ovunque, al Nord come al Sud, nel mondo della sanità come in quello della scuola, tra i costituzionalisti e tra gli economisti e spesso si una la definizione non esattamente bonaria Secessione dei ricchi. Ieri sera perciò il premier Giuseppe Conte e la ministra degli Affari regionale Erika Stefani hanno provato a definire un percorso, una road map, sulla quale impegnare il governo con un atto formale a metà maggio. La proposta dei pentastellati è partire dai diritti di base, ovvero dai Livelli essenziali delle prestazioni. I Lep sono previsti in Costituzione dal 2001 ma non sono mai stati attivati e se non definisci quali servizi essenziali vanno garantiti ovunque, non puoi neppure stabilire i costi di ciascun servizio né la quota di solidarietà necessaria per le aree a bassa capacità fiscale. L` intesa M5S-Lega sarà suggellata da una nomina: il presidente della Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctfs). La poltrona (gratuita) è vuota dallo scorso giugno e finora è stata occupata solo da Luigi Marattin, oggi deputato del Pd. Giovanni Tria in audizione ha proprio indicato la Commissione tecnica come la responsabile di formule complesse che hanno «limitato gli effetti redistributivi del nuovo sistema» e cioè consolidato il divario Nord-Sud in particolare per i Comuni. Se si riuscirà a trovare un nome di garanzia per la Ctfs si potrà, in collaborazione con la Sose (società del Mef), accelerare sulla definizione dei livelli delle prestazioni e dei fabbisogni standard garantendo al Sud un meccanismo meno iniquo di quello attuale, nel quale a Reggio Calabria è assegnato un fabbisogno per gli asili nido di 90mila euro e a Reggio Emilia di 9 milioni: 100 volte di più. La ripartenza dell` autonomia, inoltre, consentirà di correggere alcune storture dei testi attuali. Due in particolare. La prima: i superpoteri assegnati a una Commissione Paritetica composta da nove componenti indicati dal presidente della Regione interessata e nove dal ministro degli Affari regionali. La seconda è la tagliola, chiamata da Zaia la «livella», che farebbe scattare nel 2022 per l` istruzione un bonus per Lombardia e Veneto da 1,4 miliardi di euro in base a un trucco contabile: valutare la spesa per la scuola in rapporto agli abitanti (anche anziani) e non solo agli studenti. Un meccanismo che danneggerebbe soprattutto la Campania la quale ha la più alta percentuale di studenti in rapporto agli abitanti: il 15,6% contro il 12,3% veneto e l` 11,9% lombardo. LE AUDIZIONI E proprio per dare centralità all` istruzione e alla sanità, questa mattina subito prima dell` audizione della ministra del Sud Barbara Lezzi si riunirà l` ufficio di presidenza della Commissione bicamerale per l` attuazione del federalismo fiscale, presieduto dal leghista Cristian Invernizzi. La richiesta che arriverà un po` da tutti i gruppi e in particolare da Vincenzo Presutto dei M5s, Paolo Russo di Forza Italia e Vasco Errani di Leu, sarà inserire nel calendario di audizioni anche sindacati e ordini professionali, rinviando l` ipotesi di chiudere i lavori entro il 23 maggio. Sarà difficile per Invernizzi dire no. © RIPRODUZIONE RISERVATA. 9 maggio 2019 Pagina 7 Il Mattino
L`autonomia come sopruso (08/05/2019 13:10)
L` analisi L` AUTONOMIA COME SOPRUSO L` autonomia differenziata fu il colpo di coda della legislatura scorsa. Che ci colpì sul muso quando il governo Gentiloni siglò tre «accordi preliminari » con Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, accogliendo la richiesta di maggiori competenze. La firma risale al 28 febbraio 2018, quattro giorni dopo abbiamo celebrato le elezioni. Dunque una promessa elettorale, un` arma di propaganda del Pd per raccattare qualche voto. Invece ha rastrellato veti. Ma nel f r a t t e m p o l a p r o m e s s a è d i v e n t a t a u n a minaccia. E dopo un tira e molla fra Lega e 5 Stelle, oggi la pallina da ping pong rimbalza in Consiglio dei ministri. Ma che minaccia il minacciante? Un bene i n v i s i b i l e c o m e l ` a r i a , p e r ò a l t r e t t a n t o indispensabile: l` unità degli italiani. Sacrificata all` egoismo dei territori ricchi, all` astio che giocoforza monta fra le regioni povere. Sennonché figura un` altra vittima di questa prova muscolare: la Costituzione. Tradita nell` atto stesso in cui viene applicata, giacché la procedura dell` articolo 116 viene di fatto elusa, frodata, raggirata. In primo luogo per una ragione sostanziale, che investe il senso stesso di quella procedura. Ovvero la possibilità d` estendere il catalogo delle attribuzioni regionali, trasformando in potestà esclusiva la loro potestà legislativa concorrente dentro un elenco di 23 materie. Sottinteso: in via eccezionale, e soltanto quando la nuova competenza rifletta una precisa vocazione di quel particolare territorio. In questo caso, viceversa, i commensali hanno ordinato all` oste tutte le pietanze del menù. Il Veneto reclama 23 materie, 20 la Lombardia, 16 l` Emilia. E insieme alle materie, quattrini e personale (per esempio gli insegnanti, scuciti al ministero dell` Istruzione). Alla faccia delle diete, e soprattutto delle regole. Giacché neppure le regioni speciali hanno questo po` po` di competenze; e i loro statuti sono figli di altrettante leggi costituzionali, non d` una leggina regionale. Ma dopotutto è un nostro specifico talento, quello d` inventarci interpretazioni truffaldine della Costituzione. Difatti pure l` articolo 138 - che ne disciplina revisioni chirurgiche e puntuali - è stato adoperato contro se stesso, prima da Berlusconi (2005) poi da Renzi (2016), con l` ambizione di scrivere daccapo tutte le regole del gioco. Nella vicenda dell` autonomia differenziata, però, s` aggiunge un` aggravante, perché le 23 materie non sono tutte uguali. Talune (la sanità, il lavoro, la scuola) toccano i diritti fondamentali, dunque non sono in vendita; altrimenti torneremmo all` epoca feudale, con garanzie diverse in ogni singola contrada. Anche perché i Lep - i "livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" - fin qui sono rimasti sulla carta: evocati dalla riforma costituzionale del 2001, nessun governo ne ha mai determinato per intero lo spessore. Insomma, questo procedimento è un abuso, ed è pure un sopruso. Ai danni del Parlamento, in primo luogo. Siccome a febbraio il governo Conte ha firmato un` intesa con le tre Regioni, siccome l` intesa va poi recepita in legge, i nostri eroi dichiarano che le Camere non avrebbero il potere d` emendarla. Prendere o lasciare, come a Chemin de fer. E perché mai? Si può (si deve) viceversa ammettere la possibilità di un atto parlamentare d` indirizzo, che obblighi l` esecutivo a rinegoziare i vecchi accordi sulla base di precise direttive. Nessun Parlamento è un passacarte. Oltretutto, a leggere il testo delle intese, gli spazi bianchi prevalgono rispetto a quelli anneriti dall` inchiostro. Li riempiranno, infatti, futuri decreti del presidente del Consiglio, cui spetta stabilire quali beni dello Stato, quali risorse finanziarie, quali dipendenti verranno trasferiti alle Regioni. Tutto l` opposto della procedura osservata in passato (nel 1972 e nel 1977), in occasione del primo decentramento di funzioni. Allora intervennero leggi di delega ( e dunque le assemblee parlamentari), seguite da decreti legislativi ( e dunque il Consiglio dei ministri). Stavolta, viceversa, basta un atto solitario deciso in solitudine dal premier, con l` aiuto d` una commissione. Né Mattarella, né la Consulta, né i deputati, né i senatori, né i ministri potranno mai metterci bocca. No, questa non è più l` autonomia differenziata. È un rifiuto giuridico, è raccolta differenziata. MICHELE AINIS 8 maggio 2019 Pagina 26 La Repubblica
(13/02/2019 12:41)
l Paese spaccato L` autonomia slitta ancora bocciata dai ministri M5S Stop alla Stefani: rinviato il Cdm sulle bozze di intesa con le Regioni Fontana e Zaia a Salvini: «Minaccia la crisi». Probabile posticipo a giugno LO SCENARIO ROMA Non è solo la Tav a rischiare la pelle per la controffensiva 5Stelle dopo la batosta in Abruzzo. Luigi Di Maio, ormai sotto assedio e in silenzio da quarantott` ore, prova a risollevare le sorti del Movimento alle elezioni europee del 26 maggio frenando anche l` autonomia rafforzata. Tant` è che il Consiglio dei ministri previsto per venerdì, dedicato al via libera delle bozze d` intesa con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, molto probabilmente slitterà alla prossima settimana. Forse addirittura più in là. E in molti scommettono che anche questo dossier, alla fine, verrà posticipato al dopo-elezioni. Nel governo giallo-verde, scosso dalla crisi di nervi grillina, è in atto un brutale braccio di ferro. Un copione più o meno identico a quello che va in scena per l` Alta velocità Torino-Lione. Il ministro agli Affari regionali, la leghista Erika Stefani, ancora ieri sera faceva sapere di essere determinata a portare sul tavolo del premier Giuseppe Conte le bozze per l` accordo con le Regioni: «La Lega chiederà l` attuazione del contratto di governo». Ma da palazzo Chigi e dall` entourage di Di Maio filtra una brusca frenata: «I testi non sono ancora pronti, e siccome vogliamo fare le cose per bene se ne riparlerà più in là...». Un esponente 5Stelle aggiunge: «La bozza dell` intesa con il Veneto è irricevibile, al massimo la Stefani potrà compiere un` informativa». LA RIVOLTA NORDISTA Per Salvini è un colpo basso, anche se dal suo entourage filtrano segnali di distensione: «Un rinvio di qualche giorno non sarebbe un dramma». Lo è invece per Attilio Fontana e Luca Zaia, i potenti governatori di Lombardia e Veneto, che non ne possono più dei rinvii: l` intesa con il governo doveva essere siglata il 22 ottobre, poi era slittata al 15 dicembre, infine è stata fissata per venerdì 15 febbraio. Dopodomani. Adesso invece vedono il traguardo allontanarsi ancora di più. Così, Fontana e Zaia, ma anche il sottosegretario Giancarlo Giorgetti (il più attento agli umori del Nord) hanno fatto sapere a Salvini che «la nostra gente è stanca, vuole fatti e meno propaganda». Che «se ora va male ai grillini e noi abbiamo il vento in poppa, prima o poi potrebbe andare male alla Lega se non si rispettano gli impegni». E di fatto chiedono al vicepremier di lanciare un aut aut a Di Maio. Della serie: fai sapere al capo grillino che se non passa l` autonomia rafforzata, cade il governo. «Certe riforme si fanno solo mostrando gli attributi, si ottengono con i blitz... », dice un esponente leghista di alto rango. Il braccio di ferro però ha preso una brutta piega. Ormai alle corde Di Maio, che guida un Movimento che il 4 marzo dello scorso anno ha fatto il piano di voti soprattutto nel Centro e al Sud, non può permettersi di dare in via libera a una riforma interpretata come una sorta di secessione del Nord ricco a danno delle Regioni povere. E punta a rinviare la questione a giugno, quando gli elettori avranno ormai espresso il loro voto alle elezioni europee. Non è così un caso che i ministeri scesi in guerra contro le pretese di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tenendosi strette le competenze, siano quelli guidati dai grillini Danilo Toninelli (Infrastrutture), Giulia Grillo (salute), Alberto Bonisoli (Istruzione) e dallo stesso Di Maio (Lavoro e Sviluppo) che rischia di perdere il controllo sull` erogazione del reddito di cittadinanza. Più il Tesoro, con Giovanni Tria, che in un documento ufficiale inviato alla ministra Stefani ha posto la domanda delle domande: a chi toccherà pagare i maggiori eventuali costi dell` attuazione delle intese, alle altre Regioni o il ministero dell` Economia dovrà trovare altre coperture a carico della fiscalità generale? I DUBBI DI SALVINI C` è chi dice, sul fronte 5Stelle, che anche Salvini «in fondo» non così determinato a incassare l` autonomia rafforzata prima delle elezioni di maggio. Perché, dopo il successo in Abruzzo, punta a trasformare la Lega in un partito nazionale: forte in Lombardia e Veneto, ma anche in Puglia e in Calabria. E perché, consapevole delle difficoltà di Di Maio e convinto (a maggior ragione dopo il successo in Abruzzo) che il governo con i 5Stelle sia per il Carroccio un moltiplicatore di voti, non vuole forzare troppo la mano. Ipotesi scartata dal capogruppo della Lega alla Camera, Maurizio Molinari: «Vogliamo l` autonomia differenziata quanto prima, tanto più che la vogliono anche Regioni del Sud come la Puglia, la Campania e altre seguiranno». «L` autonomia è una grande opportunità per tutto il Paese, anche per il Sud», rincara Fontana. IL RICHIAMO DEL COLLE In questo caos cade il richiamo del capo dello Stato, Sergio Mattarella, per «una equilibrata distribuzione di competenze e responsabilità tra i livelli di governo, secondo i principi costituzionali di autonomia, sussidiarietà e buon andamento dell` amministrazione». E spunta il sospetto, avanzato da Forza Italia con il capogruppo Maria Stella Gelmini, «di un baratto tra autonomia e acqua pubblica». Alla Camera sta infatti per andare in Aula la legge, prima firmataria la grillina Federica Daga, che riporterebbe la gestione dell` acqua sotto il diretto controllo dei Comuni. Opzione sgradita alla Lega, che nega il baratto: «Abbiamo già presentato diversi emendamenti», spiega Molinari, «per noi è inaccettabile che la gestione pubblica diventi l` unico modello applicabile». Soprattutto al Nord, infatti, «l` attuale sistema funziona. E molto bene...». Alberto Gentili 13 febbraio 2019 Pagina 6 Il Mattino
243 (30/01/2019 18:57)
ci sarà il regionalismo per i professori ,per i bidelli,per i segretari ,è la costituzione materiale .Giusto o sbagliato è la costituzione materiale .Le norme vengono stabilite da chi governa e legifera.Che poi si deve constatare che ben due regioni meridionali (sicilia e sardegna) che godono di ampie concessioni e competenze non le hanno saputo sfruttare in danno dei loro nativi. Naturalmente come segretari finiremo per rientrarci.L`auspicio è che consentano la mobilità verso enti statali in quelle regioni che otterranno autonomia.